Il violinista di Praga
Racconto Docu-teatrale
Terezin è oggi un paese fortificato, poco distante da Praga. Terezin non sarebbe oggi frequentato dai turisti se non fosse stato, durante la Seconda Guerra Mondiale, un campo di transito nazista, nel quale vennero ammassati ebrei per la deportazione nei campi di sterminio. Terezin, in quei giorni passati, divenne anche il primo campo di propaganda del Terzo Reich: un campo abbellito, dove ogni momento pareva trascorrere senza orrori e violenza.
Terezin è metafora del racconto corale della tragedia della Shoah, che lo spettacolo indaga nella forma del teatro-documentario attraverso piccole storie nascoste, storie minori, storie sbagliate, storie che paiono inverosimili, storie che continuano a vivere nel nostro mondo in forma di fantasmi, o come suono di un violino.
Gli internati, per parlare della loro permanenza forzata nel campo, dicevano: “balliamo sotto al patibolo”: così, per noi, raccontare di Terezin significa non dimenticare le infinite forme di resistenza in cui la vita si può dipanare, pure quando un luogo diviene anticamera della Morte.
“Io sono ebrea ma Beethoven è la mia religione” – Judith, Il violinista di Schindler
La messa in scena
Una sola attrice in scena, attorniata da scenografie che rimandano al cinema muto e al teatro d’oggetti, interpreta i molti e diversi personaggi di una storia a capitoli. Come un clown muto di teatro civile, è pronta a far ridere, piangere e riflettere allo stesso tempo, grazie anche alla testimonianza vera di Matteo Corradini sul campo di Terezin.
Il tema della Memoria viene proposto in una forma leggera, nuova, profonda e storicamente veritiera. Si incarna nella storia di un luogo, il campo di transito di Terezin, raccontato in una sorta di nuova Antologia di Spoon River: brevi capitoli che intrecciano le storie di persone accomunate dal loro legame a Terezin, sia durante i giorni della Shoah sia ai giorni nostri.
Un luogo carico di storia diventa così l’occasione per un dialogo tra generazioni, momento d’incontro tra passato e presente. E la creatività, la musica, il creare bellezza vengono celebrati come testimonianza della capacità della vita di affermare sé stessa anche di fronte all’orrore: l’indizio di un futuro possibile, liberato dalla violenza dell’uomo sull’uomo.
Con:
Susi Danesin
Consulenza storica:
Matteo Corradini
Drammaturgia e selezione dei materiali audio:
Marco Gnaccolini
Scene, costumi, oggetti di scena:
Alessandra Dolce
Regia:
Woodstock Teatro